Arf 2016 – edizione II -Oltre l’autoproduzione del fumetto – la soluzione definitiva.

E’ un sabato mattina, il sole splende su Roma; il traffico capitolino ci ha dato una tregua e così in men che non si dica riusciamo a raggiungere la Pelanda, nuova sede dell’ARF, il FESTIVAL DI STORIE, SEGNI & DISEGNI alla sua seconda edizione.

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(ARFIO e l’autoproduzione di Filippo Novelli)

 

Mentre la stampa accreditata inizia già a scrivere epici pezzi sulla nuova Woodstock del fumetto, noi siamo seduti in sala per assistere alla conferenza “Quando l’editore non c’è; L’indie italiano da ieri a domani.

Ospiti :Stefano S3Keno Piccoli, Ratigher, Samuel Daveti, Alessandro Martoz Martorelli (LabA4- Crisma) e Marco Tavarnesi (Inuit).

A moderare l’incontro: Riccardo Corbò.

Da quando ho iniziato ad occuparmi di fumetti, vi confesso, questo è stato il mio argomento preferito. E presto capirete perché.

Inizia a parlare Piccoli ripercorrendo la sua esperienza sull’ autoproduzione degli anni ’90, dell’epoca d’oro, quella, per intenderci, quando alle fiere modello ARF si vendevano 5000 copie in 3 giorni . Era un’altra epoca ci ricorda.

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Piccoli ci racconta come a quei tempi  si usciva con il “grezzo sul grezzo”, cosa che oggi non è più possibile se non altro per la consapevolezza e il livello professionale dell’autoproduzione.

Oggi ci si autolimita, consci di quanto bravi siano i tuoi “conoscenti” del Web.

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Quando abbiamo iniziato non esisteva Internet; non si sapeva cosa facevano gli altri (gli fa sponda Ratigher); se tra i tuoi sei amici che disegnavano eri il piu’ bravo, ti facevi pochi problemi e pubblicavi. Oggi no. Prima di pubblicare ti senti in dovere di raggiungere un livello “alto”.

Ma veniamo al punto, continua Piccoli. L’autoproduzione nasce per due motivi: o per scelta consapevole o, siamo sinceri, per bisogno  perché nessuno ti pubblica.
Corbo’ a Ratigher: tu perche’ lo hai fatto? Sei stato promotore di modelli rivoluzionari e mi dicono che qui all’ARF ne proporrai uno nuovo che dovrebbe diventare la risposta “definitiva” al problema dell’autoprodzione.

Ratinger: io ho iniziato con l’autoproduzione con un gruppo di amici ( i super amici poi fratelli del cielo) perche’ volevamo pubblicare le nostre strane storie, liberi dai vincoli dell’editore.

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Oggi tutti ne pubblicano ma è sorto un nuvo problema. Non ci sono più i soldi da investire che vi erano una volta.

Corbo’: PIC NIC, il primo free press di fumetto italiano che trovava i soldi dagli sponsor, per me continua ad essere il modello perfetto di autoproduzione. Perché non avete continuato?

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Ratigher: forse perche’ tra noi non vi era un account manager con spirito imprenditoriale capace di procacciare i clienti giusti, forse anche perché in Italia gli Sponsor non erano e non sono pronti ad entrare in questo mercato, sebbene oggi tornato ad essere florido, vedi le presenze di Lucca che raggiungono i 400.000 visitatori.. Chissa’…

Corbo’: Peccato. Ma sappiamo che non ti sei fermato nello studio di modelli efficaci di autoproduzione. Hai sperimentato il modello di vendita “Prima o Mai. Facci capire in cosa consiste.

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Ratigher: Il modello “Prima o Mai” consiste nel mettere in vendita il fumetto per un periodo di tempo limitato terminato il quale il fumetto non si vende piu’. Una sorta di vendita on demand ma con un livello di difficoltà ulteriore: il tempo limitato.

Ho sperimentato che inserendo questo fattore tu stimoli l’acquirente all’acquisto nella consapevolezza che altrimenti rischia di non avere più la possibilità dell’acquisto. Se con il metodo di autoproduzione clessica in 5 mesi ho venduto 1000 copie. Con questo metodo, in meno della metà del tempo, sono riuscito a venderne il 10% in piu’.

Vi confesso, continua Ratigher, che a livello di costi – benefici questo era il solo metodo (dico era perché a breve vi racconterò quello nuovo e definitivo) che valesse la pena per avere uno stipendio di un operaio specializzato (1.800,00 euro/mese).

Scusate la provocazione ma, non è che si deve avere la fissa dei soldi, ma sono contrario a fare fumetti per hobby. Ecco perche’ sono alla continua ricerca di modelli efficaci.

Corbo’: ce ne parlerai a breve. Ora pero’ indaghiamo anche altri modelli di autoproduzione di successo dando la parola a Samuel Daveti dei Mammaiuto.

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Corbo’: si legge sul vostro sito: “Le attività di vendita che intraprendiamo sono finalizzate a dare agli autori il massimo compenso possibile per il loro lavoro, e a pagare le spese vive dell’associazione”. Che vuol dire?

Daveti: I Mammaiuto, che prendono il nome dalla banda di pirati del film Porco Rosso di miyazaki, è un’associazione formata da un collettivo di autori che ha deciso di ribaltare la proporzione dei guadagni nel rapporto editore-autore, dando l’80% di utili all’autore anziché all’editore e lasciare il resto per le spese del collettivo. Terminate le copie di partenza prodotte ( 200 circa) con un investimento di qualche migliaio di euro, l’autore è svincolato dal “contratto” con il nostro collettivo.

Siamo un gruppo di amici che si è iniziato ad autoprodurre sostanzialmente perche’ volevamo  svincolarci dagli editori classici, i quali se la serie per cui disegni non va, te la chiudono e ti lasciano appeso (esperienza vissuta sulla mia pelle), abbiamo iniziato ad autoprodurci.

Il metodo che abbiamo utilizzato, molto di voga attualmente, è il Crowdfunding (dall’inglese crowd, folla e funding, finanziamento) o finanziamento collettivo in italiano, è un processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizza il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di persone e organizzazioni. È una pratica di microfinanziamento dal basso che mobilita persone e risorse[ fonte Wikipedia].

Corbo’: Si può essere un fumettista essendo un ingegnere? Alla provocazione di Ratigher sul concetto di fumettista per hobby cosa rispondi?
Daveti: Mi sono psesso chiesto se si puo’ essere fumettisti pur non vivendo di questo lavoro. Ci sono persone che hanno nel fumetto la parte più libera. Si può fare il fumettista anche senza soldi alla ricerca di un editore. E’ pur vero che se non guadagni delle tue tavole non sei un fumettista. Ci dovrebbe essere piu’ attenzione da parte degli addetti ai lavori. Gli editori dovrebbero aiutare gli artisti a vivere con questo lavoro altrimenti loro sono “costretti” a trovarne un altro per vivere.

Vedo Corbo’ che annuisce rivolto verso Piccoli, ospite della conferenza ma anche uno degli organizzatori di Arf, quasi a dire, voi con la Job-Arf questo incontro editore-autore volete alimentare.

Corbo’: Il processo di produzione di un fumetto è costoso; so di artisti che sono  disposti anche a pagare pur di farsi produrre. E questa, secondo me, è una perversione.  Una soluzione potrebbe essere quella di includere in sè tutto il processo dall’idea del fumetto fino alla stampa sempre con alla base il  Crowdfunding. Un esempio di successo è Inuit di cui ci parlato Marco Tavarnesi presente alla Conferenza.

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Il Crowdfunding e i suoi limiti del finanziare una specifica opera possono essere superati da un altro modello il Patreon (da patron, ‘mecenate’), spostando gli investimenti dall’opera all’artista. Una sorta di nuovo mecenatismo nei confronti di fumettisti, che vengono stipendiati mensilmente per dare “libero” sfogo alla propria creatività. Metodo nordamericano che comincia a vedersi anche in Italia.

Corbo’: Martoz parlaci di Crisma, il modello di Autoproduzione ad oggi più nuovo, il Mecenatismo.

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Martoz: Crisma è una rivista annuale prodotta di un centro culturale, La Torre,che finanzia la Cultura e quindi il fumetto che ne è parte (ogni collaboratore viene regolarmente pagato).

Corbo’: Concludo sperando di avere soddisfatto le vostre curiosità sull’autoproduzione. Avete avuto modo di avere una panoramica a 360° su questo modo di fare fumetti, ma c’è un metodo ancora nuovo che ancora non conoscete e di cui vi parlerà Ratigher tra qualche ora. Ci vediamo dopo.

Abbiamo, per modo di dire, ingannato l’attesa deliziandoci con la mostra di Lorenzo Ceccotti e assistendo alla sua conferenza; relatore il bravissimo Adriano Ercolani.

Ercolani: Ceccotti è un autore di talento che con il tempo è divenuto riconoscibile. Parliamo di Ceccotti attraverso le sue opere in mostra.

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Iniziamo con il Poster della mostra. In stile volutamente semplice e lontano da artifici tecnologici, rappresenta tra l’altro l’archetipo di Roma, la lupa, ma anche il canide simbolo della Arf. Riprende i due uomini che attraversavano il fiume del precedente poster di Gipi quasi a ricordare l’arrivo al nuovo approdo, il Macro.

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Si continua a parlare della serie The Nostalgist e  del disegno en plan air dal vero in digitale  della Bretone fatto per la voglia di perdere un pò di vizio grafico. Prodotto in occasione del viaggio in Bretagna assieme a 5 blogger. Ceccotti ci racconta l’aneddoto per cui lo inizio con la destra e lo fini’ (per una tendinite) con la sinistra. Ecco il motivo del guanto stretto tra le mai della ragazza.

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Infine si è parlato delle copertine per Einaudi, con cui Ceccotti inizia il processo che lui indica come  un percorso  artistico “per tornare a zero”.

La conversazione continua sul rapporto tra scrittura e disegno e su quanto sia difficile il rapporto con uno sceneggiatore. Per Ceccotti fare i fumetti con uno scrittore è 10 volte più difficile che essere tu stesso lo scrittore dei tuoi fumetti. E’ pur vero che Il bravo sceneggiatore e colui che lancia uno stimolo e si aspetta una sorpresa. Più c’ è comunicazione su un piano eolico meglio è.

Lo sceneggiatore è l’innesco che scatena la forma

Erocolani lo provoca introducendo il concetto di Nerd nel Fumetto.

Ceccotti: Non mi piacciono i nerd, intesi come coloro che vogliono sempre la stessa cosa. Il Fumetto non deve essere per i Nerd ma andare oltre. Il fumetto con una semplice penna e della carta ti permette di creare qualsiasi cosa; pertanto è limitante l’idea che il fumetto si possa fermare a delle persone con un limite personale nell’Arte, cioè quello che per me è il nerd, un mono-maniaco, con un infinito feedback con sé stesso fino a quando la comunicazione tende a zero. E come quando su Facebook non dai contenuti ma condividi solo la notizia di altri. Che ci stai a fare?

Ercolani: Siamo quasi ( 23 maggio) al 60-esimo anniversario dalla nascita di Andrea Pazienza. Cosa ti senti di aver ereditatato da lui?

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Ceccotti: La volontà di esplorare una gamma stilistica differente. Pazienza dice che la sua tecnica di disegno funziona a stanze. A seconda di quello che devi raccontare si entra in una diversa. La varietà stilistica non è una forma di vanità culturale ma è dettata dalla necessità. E’ pur vero che se esci dal tuo seminato( cambi tecnica) ogni volta è un rischio, se cambi il fallimento e dietro l’angolo. Da qui la mia ossessione tecnica.

Finito l’incontro su Ceccotti arriva l’atteso evento di Ratigher dove finalmente di svela la nuova frontiera dell’autoproduzione.

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Ratigher:Fare un libro di fumetti impiegandoci mesi se non anni per poi ottenere una percentuale di guadagno irrilevante alla lunga non paga. C’e’ una nuova frontiera: il poster-fumetto che con un utile stimato intorno al 25% supera di gran lunga i guadagni del libro fumetto.

E con questo rivoluzionario modello che mi vede concorde e mi ricorda gli anni in cui, uscito dalla scuola d’arte, avevo superato le tele e i pennelli per dedicarmi alla stampa di grande formato,

passo e chiudo dall’ARF.

Filippo Novelli

[Filippo Novelli per DETTI E FUMETTI – sezione Fumetto – articolo del 22 maggio 2016]

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